Con la riforma fiscale e l’accelerazione alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione aprire una Partita Iva è un’operazione che può essere fatta tranquillamente da casa e senza l’aiuto di un commercialista (non sò quanto convenga rischiare avventurarsi, ma è realmente possibile);
COSTI APERTURA PARTITA IVA
Costi apertura per partita iva commercianti e artigiani:
L’importante è avere le idee chiare, conoscere il codice d’attività con il quale si vuole aprire e tutti gli strumenti giusti (registrazione al servizio StarWeb della CCIAA). Avendo a disposizione una casella di posta elettronica certificata (PEC) e la firma digitale personale, con poco meno di 130 € in diritti, bolli virtuali e diritto camerale annuo dalla Camera di Commercio competente, sarà possibile, a stretto giro di comunicazioni elettroniche, ricevere conferma della corretta procedura e poter iniziare immediatamente ad operare, attraverso l’attribuzione del numero di partita iva, del codice azienda Inps e, se previsto, il numero di assicurazione Inail.
Qualora si decidesse di demandare tutto ad un consulente di fiducia ( lo consiglio vivamente ), i tariffari variano in base alla zona e all’attività intrapresa, ma in genere vanno dai 150 ai 300 euro per la sola fase di apertura e relative dichiarazioni, al netto delle somme dovute quali bolli virtuali,diritti camerali, rilascio Smart Card ( firma digitale) e, nel caso di obblighi Inail, la vidimazione dei registri nelle sedi opportune.
Costi Apertura partita iva professionisti:
Nel caso ad aprire una partita iva, sia un professionista, i costi di apertura si abbattono ( in alcuni casi si azzerano) notevolmente, in quanto questa figura non deve iscriversi alla CCIAA e quindi deve solo deve presentare presso l’Agenzia delle Entrate competente per Provincia, la richiesta di attribuzione del numero di Partita Iva; iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps ovvero, se esistente, presso la Cassa Previdenziale del proprio Ordine;
COSTI MANTENIMENTO PARTITA IVA
I costi per il mantenimento di un’attività vanno ben oltre le spese per la normale amministrazione in quanto, prima di aprire una partita iva, sarà bene mettere in conto le numerose scadenze fisse che, profitti o meno, il titolare è obbligato per legge ad adempiere.
Tra l’altro ai già citati strumenti certificativi personali per il web si affiancherà l’opportunità e talvolta anche l’obbligo di possedere una casella di posta elettronica certificata e una firma digitale la cui intestazione sia direttamente fatta all’azienda o ditta individuale di cui si è titolari.
La scelta della tipologia di iscrizione va ben ponderata, soprattutto in base a certi limiti che la legge impone per mantenere i requisiti di permanenza negli elenchi di determinate categorie in Camera di Commercio.
Artigiani:
Vediamo ad esempio che per l’iscrizione quale artigiano d’impresa, anche individuale, deve avere come scopo prevalente la produzione di beni, anche di non piena lavorazione (semi lavorati o assemblati) o di prestazione di un determinato numero di servizi, con la clausola fondamentale che l‘esercizio dell’impresa sia svolto personalmente dal titolare, attraverso l’esercizio personale e individuale di lavoro prevalente.
Questo vuol dire che il titolare dell’impresa artigiana potrà anche svolgere altre attività o collaborazioni professionali, facendo però attenzione a che il reddito prodotto dal lavoro artigiano e le giornate impiegate in tale attività risultino sempre prevalenti rispetto a qualsiasi ulteriore impegno.
Ulteriori limiti sono fissati nella possibilità di impiego di manodopera, superato un certo numero di lavoratori subordinati l’imprenditore non sarà più artigiano, perdendo diverse agevolazioni di categoria, non ultima una tassazione ai fini previdenziali leggermente di favore rispetto ai commercianti, ma diventerà imprenditore, secondo il dettato legislativo contenuto nel codice civile.
Commercianti:
Oltre ai casi specifici di superamento dei limiti di cui sopra, per essere qualificati come “imprenditori commerciali” i soggetti fisici dovranno operare nel settore commercio, terziario e turismo, disporre delle licenze necessarie ed effettuare all’interno dell’attività una prestazione lavorativa prevalente.
Professionisti:
Infine i Professionisti, quali avvocati, ingegneri, architetti, medici, commercialisti e tutti coloro i quali, in genere, sono obbligati al conseguimento di preordinati titoli abilitativi, rientrano nella casistica di chi andrà ad aprire una partita iva come ditta individuale e legherà l’iscrizione agli elenchi di pubblicità della Camera di Commercio competente con il rilascio di specifiche autorizzazioni, spesso a seguito di esami pubblici, autorizzative ai fini dell’esercizio della professione.
Il capitolo dei versamenti previdenziali rappresenta senza ombra di dubbio una della voci di spesa maggiori per chi apre o mantiene in vita una partita iva, soprattutto nei primi anni di attività, quando molto spesso andare in pareggio tra entrate ed uscite nel consuntivo, risulta quasi un miracolo.
L’Inps ha aggiornato gli importi da versare a titolo di contribuzione ai fini pensionistici per il 2012, confermando la precedente consolidata prassi per cui vi sono differenti scaglioni divisi per reddito: il primo fa riferimento al reddito minimo annuale previsto, pari a poco meno di 15.000 euro, per cui gli artigiani verseranno 3.180,09 pari all’aliquota del 21,30% mentre i commercianti 3.192,89, con un rapporto leggermente superiore, del 21,39%; chi invece dovrà fare riferimento a coadiuvanti e coadiutori di età inferiore ai 21 anni potrà valersi di aliquote più basse, il 18,30% per gli artigiani ed il 18,39% per i commercianti, che tradotto in importi di pagamento fanno 2.732,19 per i primi e 2.745,63 per i secondi; infine per tutti coloro che potranno vantare un’attività lavorativa inferiore all’anno solare il regime attuale prevede il calcolo sul reddito minimale ma rapportato al mese o frazione di effettiva attività: €227,68 per gli artigiani ed €228,80 per i coadiuvanti e coadiutori anagraficamente fino ai 21 anni mentre per tutti gli altri, sempre mantenendo il riferimento mensile di applicazione degli importi, pagheranno 265,01€ ed €266,13 con riferimento all’attività artigianale o commerciale.
Passando alla contribuzione dovuta per la parte eccedente il minimale, che dovrà essere versata sulla quota di utile che eccede il reddito minimale, sul quale già si paga il fisso.Gli artigiani pagheranno il 18,30% ed il 19,30% per coadiuvanti e coadiutori fino ai 21 anni per tutti gli altri l’aliquota è fissata rispettivamente al 21,30% e al 22,30%.
Per i commercianti gli scaglioni di reddito applicati sono identici a quelli degli artigiani con un incremento per tutte le aliquote pari allo 0,9%.
Per quanto riguarda i liberi professionisti, diverse sono le modalità di versamento ed i relativi costi dei contributi previdenziali.
Molte categorie infatti possiedono forme di previdenza settoriali, le cosiddette casse previdenziali d’ordine o d’albo, alle quali i professionisti vengono iscritti all’atto dell’inserimento del loro nominativo nel relativo albo professionale. Quando si avvia uno studio privato o si entra a far parte di una società tra professionisti è fondamentale tenere conto di tali importi, che possono variare dal 3% fino ad arrivare anche al 17% rispetto al reddito imponibile ai fini Irpef prodotto nell’anno solare precedente. In genere le casse previdenziali richiedono un unico versamento a saldo, ma in casi particolari o per esigenze speciali legate a crisi di settore alcuni istituti procedono all’autorizzazione personale o generalizzata all’effettuazione di versamenti in acconto fino alla risoluzione della problematica. Fondamentale per un corretto calcolo del costo annuale della propria attività, in termini previdenziali, sarà contattare preventivamente la cassa professionale competente e reperire tutte le informazioni necessarie, considerando che le percentuali di range inserite sopra sono solo indicative e frutto di una media matematica non ponderata e che all’interno della complessiva riforma delle pensioni il Governo ha previsto una graduale ma decisa armonizzazione tra le aliquote applicate dall’Inps e quelle delle casse di settore, fino ad arrivare, nel prossimo futuro, almeno alla loro parificazione.
Un capitolo a parte riguarda le modalità di tassazione dei redditi prodotti e derivanti dall’attività legata alla partita Iva. Prima di tutto è bene sapere che l’unica modalità di dichiarazione dei redditi riservata ai titolari di attività commerciali, botteghe o studi professionali è il Modello Unico, associato o meno alla dichiarazione Iva e al modello 770, in base alla casistica prevista dalla legislazione fiscale vigente, e all’eventuale Irap.
Recentemente riformata, a partire da quest’anno infatti c’è stato un verso e proprio colpo di spugna, che ha fatto fuori, abrogandoli, i due sistemi precedenti, quello denominato forfettino e degli ex minimi, da non confondere con l’attuale, anch’esso chiamato regime dei minimi.
Aderendo in modo postumo al nuovo regime o non effettuando nessuna scelta in fase di apertura della partiva iva, tutta la tassazione legata all’imponibile Irpef, Iva, Irap, addizionale regionale e comunale, viene riassunto in un unico prelievo del 5%(imposta sostitutiva), non esentando però dalla contribuzione Inps.
Per tutti coloro invece che non possono far valere tale regime agevolato, la situazione rimane immutata rispetto agli anni precedenti: scaglioni Irpef del 23% fino a 15.000 di reddito imponibile, il 27% sull’eccedenza fino a 28.000, il 38% sull’ulteriore eccedenza fino a 55.000, un ulteriore 41% fino a quota 75.000 ed il 43% per somme superiori al massimale del precedente scaglione.
Da aggiungere anche le addizionali regionali e comunali, che con la recente riforma ma già con i vari decreti legati al federalismo fiscale risultano essere molto salate. Dal sito istituzionale della propria Regione di appartenenza e del Comune di residenza sarà possibile rilevare la percentuale da applicare al reddito annuale imponibile ai fini irpef, calcolando così con una semplice operazione percentuale il dovuto per un dato anno d’imposta.
Ulteriore spesa da mettere in contro sarà quella per l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) che si determina il base al fatturato dell’azienda, anche se in modo diverso in base alla tipologia di attività. Anche per il 2012 la percentuale è fissata al 3,90% (alcune regioni pagano un importo maggiore, in base a delle delibere regionali) del risultato della differenza tra il valore della produzione ed il costo della stessa. Per niente amata e giudicata negativamente, alla stregua di una doppia imposizione illegale, da parte dell’Unione Europea, continua ad essere in vigore e a produrre un gettito imponente per le casse dell’erario. E’ però un costo aggiuntivo per le aziende, da tenere attentamente sotto controllo e nella dovuta considerazione del caso in cui si avvii un’attività soggetta a tale balzello.
L’Imposta sul Valore Aggiunto, in breve Iva, nonostante l’aumento già in vigore e quelli ventilati per settembre 2012, rimane in parte neutrale per l’imprenditore, che nel caso della vendita di beni risulta essere quasi una partita di giro, in quanto si effettuerà una compensazione tra quanto pagato all’acquisto e quanto applicato al cliente e se si è in contabilità semplificata si versa con cadenza trimestrale.
Attenzione dunque alle scadenze, poiché ormai con le procedure meccanizzate ed i controlli incrociati, anche solo un mancato o ritardato versamento comporta il potenziale inserimento del proprio nominativo nel quadro degli accertamenti formali e degli studi di settore, rappresentando poi l’infedele dichiarazioni una omissione configurabile addirittura come reato penale, cosi come era, fino a poco tempo fa, il mancato versamento totale o parziale della contribuzione dovuta al proprio istituto previdenziale ai fini pensionistici.
Una spesa fissa annuale di poco inferiore ai cento euro dovrà poi essere corrisposta alla locale Camera di Commercio quale diritto fisso per l’iscrizione ai vari registri di pubblicità commerciale e legale.
Da qualche anno poi, per la partecipazione agli appalti pubblici e anche solo per effettuare la richiesta d’iscrizione negli appositi elenchi delle imprese fiduciarie della Pubblica Amministrazione, la legge prevede il rilascio da parte degli uffici preposti, del Durc, il Documento Unico di Regolarità Contributiva.
E’ una sorta di cartina al tornasole sulla regolarità contributiva globale dell’attività interessata, in quanto tale certificazione viene rilasciata solo dopo la verifica, da parte dell’amministrazione interessata, dell’effettivo pagamento, nei termini, delle imposte e delle provvidenze agli enti pensionistici e dell’infortunistica preposti.
Il mancato rilascio comporta la totale impossibilità di realizzare lavori per la P.A. e questo, per certe tipologie di imprenditori, risulta alquanto pesante economicamente.
Queste risultano essere le spese fisse dalle quali, chi apre una Partita Iva, non può in alcun modo esimersi dal sostenere. Conteggiando i prelievi sui ricavi prodotti dall’azienda, le tasse e gli importi previdenziali arriviamo a superare, e di molto, la soglia del 50% del reddito prodotto.
A questa riflessione finale aggiungiamo i costi legati alla tenuta delle scritture contabili e agli adempimenti da dover effettuare con scadenze prefissate, durante l’anno d’imposizione. I tariffati dei commercialisti variano in base all’attività svolta, al volume d’affari effettivo e previsto e al numero di dipendenti, partendo dai 50 euro mensili per arrivare anche a cifre con cinque zeri.
Il mio consiglio è quello di fare un’analisi attenta dei costi che si andranno a sostenere, alla luce dell’attuale pressione fiscale, per evitare che la nascita di una impresa inizi subito con un fallimento.
Si tenga nella dovuta considerazione anche il caso in cui l’attività venga chiusa, perché la stessa procedura che viene posta in essere per l’apertura dovrà svolgersi nel caso di cessazione (e quindi sostenere un costo), per evitare che le somme dovute a titolo previdenziale e dalla Camera di Commercio continuiamo a maturare e ad essere richieste.
Spero di esservi stato utile, con questo quadro di sintesi, e come sempre se avete domande, contattatemi, oppure commentate! Buon lavoro e buon guadagno a tutti.
Che codice di attivita’ dovrei avere se mi mettessi a vendere il magazzino di altri negozi fisici via ebay ?
Attenzione che non farei scontrino io, ma il negozio che mi mette a disposizione il magazzino.
Io semplicemente farei fattura ai negozianti della percentuale di compenso che mi spetta sulle vendite.
Grazie e complimenti per l’articolo !
(anche se sinceramente mi ha fatto passare la voglia di aprire l’attivita’, con tutti sti balzelli ed insicurezze…
Ciao Stefano, e grazie per i complimenti all’articolo. Purtroppo tutti questi balzelli ed insucerezze, è necessario scriverle, per far capire agli utenti, quanto sia complicato il regime fiscale italiano. In tanti affermano di aver semplificato, ma dal tuo riscontro e da quello di tanti altri, percepisco una conferma a quello che è il mio pensiero, ovvero un peggioramento e non una semplificazione.
In merito alla tua attività, sulla base di cosa, puoi vendere il magazzino di altri? Ti farebbero un mandato di agenzia, e quindi ti inquadrerebbero come un agente di commercio, oppure la tua è una semplice attività da intermediario, per la quale dovresti fatturare la provvigione sul venduto?
In questo secondo caso potresti optare per il codice d’attività 62.09.09 Altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell’informatica nca
Buon lavoro,
Vincenzo
si penso piu’ intermediario anche se io opterei per ‘consulente’ di qualche tipo se fattibile, lo vedo piu’ sul generico, il mio lavoro si ridurrebbe all’andare nei vari negozi, fotografare le cose, metterle su ebay, spedirle, incassare, girare i soldi ai vari negozi e fatturare il mio compenso che si tradurra’ in un fisso annuale + % sulle vendite, inoltre ove possibile eviterei i regimi separati dell’inps visti gli ultimi sviluppi assurdi dei conguagli pretesi dal governo per ‘allinearli’ all’inps…
Ciao Vincenzo, complimenti per i tuoi interventi. Volevo farti una domanda, io sono un operatore video e mi occupo anche di fotografia e sono iscritto all’albo artigiani con il codice 742019, vorrei evitare di pagare i contributi fissi perchè secondo me sono soldi sprecati, visto che il discorso pensione lo vedo molto molto lontanto… il mio pensiero era quello di entrare nella gestione separata, ma mi è stato detto che per la mia tipologia di attività questo non è previsto, un commercialista invece mi ha detto semplicemente di cancellarmi dall’albo artigiani, così da non pagare i contributi. Potresti darmi qualche dritta e consiglio. Ti ringrazio di cuore.
Ciao Vincenzo, volevo complimentarmi anche io per l’articolo. Sono un po di giorni che cerco sul web come trattare il mio caso ma ogni articolo che leggo, quel che ottengo e’ solo della gran confusione.
Sono un informatico e recentemente (in modo non continuativo) ho iniziato a comprare oggetti nuovi/usati in altri continenti importandoli in Italia per poi rivenderli su Ebay. Per svolgere questa attivita’ in modo continuativo e del tutto legale come dovrei fare? Tenendo conto che lavorerei da casa, non avrei dipendenti, non avrei costi (tipo corrente, adsl ecc… poiche’ sono le utenze che pago nel casalingo)
Considerando inoltre che acquisti avvengono da altri paesi (non Europei) e’ comunque possibile scaricare l’iva? Ho letto che per abbattere i costi si potrebbe registrare la propria partiva IVA in svizzerra o altri luoghi con un regime fiscale inferiore e utilizzare quindi il mio garage solo come magazzino per tenere la merce.
Scusa per i molti dubbi.